Parte teorica
ABC ha assunto questa connotazione poiché è caratterizzata da tre elementi: “A” quale “antecedente”, “B” quale “credenza” (belief), “C” quale “conseguenza”.
Essa è utilizzata, soprattutto, negli approcci cognitivi comportamentali ed è adottata per diversi scopi: trattamenti, valutazioni e formulazioni del caso. Lo scopo fondamentale dell’ABC è quello di rendere il paziente più consapevole dell’origine e dello sviluppo dei suoi episodi emozionali, generati da eventi turbanti. Nello specifico:
- antecedente è la situazione problematica in cui la sofferenza emotiva si è presentata in maniera particolarmente vivida e concreta. Si può, inoltre, trattare sia di situazioni realmente esistenti, che situazioni immaginarie;
- credenza sono i pensieri, le convinzioni che il soggetto utilizza per valutare positivamente o negativamente gli elementi o antecedente.
- conseguenza sono le emozioni, i comportamenti e le azioni successive a questa attività mentale, identificate come reazioni emotive.
Il punto fondamentale è quello di riuscire a comprendere le basi cognitive del comportamento disfunzionali e delle emozioni negative e anche di trovare, a queste, delle alternative più positive.
Generalmente, le domande più spesso utilizzate durante l’ABC sono:
- Quale era la situazione nella quale il problema si è manifestato?
- Come si è sentito/a ?
- Cosa l’ ha maggiormente disturbato/a in quella situazione?
- Quali cose diceva a se stesso/a o pensava, che hanno determinato quelle reazioni emotive?
Parte pratica
Il paziente M. riporta un episodio in cui si è ritrovato in uno stato emotivo estremamente negativo. L’ episodio si è verificato in una circostanza in cui, mai prima di allora, M. aveva riportato emozioni così destabilizzanti e, attualmente, ancora non riesce a comprenderne l’origine.
T: come mai ha scelto di venire qui oggi?
M: mi trovavo in compagnia di alcuni amici e colleghi e stavamo parlando molto tranquillamente delle nostre prime esperienze lavorative. All’ improvviso sono andato in iperventilazione, sentivo di non riuscire a respirare, avevo il battito accelerato e mi girava la testa.
T: quando è stato colto da queste sensazioni, stava parlando lei o stava pensando a qualcosa in particolar modo?
M: si, ero io a parlare, perché uno dei presenti aveva chiesto la mia opinione e ho cominciato a pensare a come rispondere nel modo più giusto, perché non volevo essere giudicato.
T: come si è sentito quando le è stata rivolta questa domanda?
M: mi sono sentito vulnerabile, perché si stava toccando qualcosa di privato della mia vita e non all’ altezza delle possibili aspettative che gli altri potevano avere nei miei confronti.
T: perché si è sentito non all’altezza? Cosa crede che i suoi amici e colleghi si aspettassero di sentirsi dire da lei?
M: perché loro hanno avuto esperienze più soddisfacenti e appaganti, rispetto alle mie. Inoltre, credo si aspettassero di sentirmi raccontare esperienze paragonabili alle loro, ma così non è.
T: Siccome ciò che l’ha portata a reagire in questo modo è il pensiero di inferiorità nelle sue esperienze lavorative, provi adesso a considerarle come semplici esperienze, senza necessariamente fare paragoni con quelle degli altri.
M: ho capito il concetto, ma non so da dove partire per metterlo in pratica.
T: allora nella prossima seduta possiamo partire da questo punto.