ISOLAMENTO SOCIALE A SCUOLA

Aspetti psicologici di un fenomeno silenzioso

L’isolamento sociale, noto anche con il termine inglese socialwithdrawal, può essere definito come la perdita di contatto con il mondo esterno. Si tratta di un distacco inconsapevole con l’ambiente e con le persone che ci circondano.

Molto spesso chi vive in prima persona l’isolamento sociale non ne è consapevole anzi nega la sua condizione.

Più nello specifico: l’isolamento sociale rappresenta una mancanza oggettiva di contatti sociali, la solitudine è la sensazione soggettiva di essere soli.

Questa distinzione è fondamentale poiché alcune persone possono essere fisicamente sole ma non sentirsi tali o, viceversa, essere circondati da tante persone ma sentirsi comunque soli. 

È un fenomeno che colpisce tutte le età, compresi bambini, adolescenti e, non di rado, persone adulte e anziane.

Secondo alcuni studiosi, inoltre, l’isolamento sociale è un fattore decisivo nello sviluppo o nell’aggravamento di disturbi quali disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi della personalità, disturbo da deficit di attenzione e iperattività e ASD.

I bambini che soffrono di abbandono manifestano, spesso, deficit linguistici, che possono derivare da una carente esposizione linguistica agli altri.

Il problema linguistico può accrescere la gravità del loro isolamento sociale. È probabile che tali bambini presentino anche problemi mentali, come depressione, ansia, somatizzazione, ostilità e paranoia (Makinodan et al., 2017).

Il ritiro sociale comporta specifici rischi sulle capacità adattive del ragazzo. Da disagio interpersonale, la solitudine tende a diventare intrapersonale, una solitudine tormentata in cui è presente la tendenza a minori abilità sociali.

Inoltre, spesso gli individui timidi entrano addirittura nel mirino della vittimizzazione da parte dei coetanei, dando il via, in tal modo, ad un ulteriore circolo vizioso di solitudine (Boni, 2017).

Prevenire l’abbandono è, certamente, l’intervento più importante, ma è altresì necessario sviluppare un intervento efficace per i bambini che hanno già patito l’isolamento sociale. 

Negli ultimi anni, gli interventi psicosociali, come la terapia cognitivo comportamentale, hanno assunto una certa rilevanza nella psichiatria clinica (Makinodan et al., 2017).

Talenti o particolari abilità apprezzati dal bambino e dalla comunità sono stati proposti anche come possibili fattori di protezione per i bambini altamente a rischio.

È stato dimostrato che i genitori sensibili ai bisogni e alle caratteristiche dei propri figli con inibizione comportamentale, che sollecitano l’indipendenza e che forniscono occasioni di interazione tra pari

(ad esempio, organizzando eventi di gioco) aiutano i propri figli a ridurre le inibizioni e a diventare più socialmente qualificati nel corso della prima infanzia (Kenneth et al., 2009).

Sfortunatamente, la pandemia da Covid-19 ha portato alla chiusura delle scuole, al mantenimento della distanza fisica e sociale fino ad arrivare al lockdown e conseguente quarantena domestica.

Ciò ha indotto bambini e adolescenti a preferire attività individuali e ad un aumento dell’utilizzo dei dispositivi elettronici.

Le misure di contenimento hanno aggravato i problemi di salute psicofisica già esistenti.

Da uno studio realizzato da una ONG del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Calgary è emerso che il 57 % dei giovani di età compresa tra 15 e 17 anni ha valutato la propria salute mentale come “leggermente peggiore” o “molto peggiore” rispetto agli anni precedenti al distanziamento sociale da Covid-19.

L’emergenza sanitaria ha lasciato il segno, soprattutto, in bambini e ragazzi:

le scuole aperte a intermittenza e chiuse per la maggior parte del tempo hanno contribuito al distacco relazionale e all’aumento dell’isolamento sociale.

Con l’apertura del nuovo anno scolastico, lo stato d’animo degli studenti era incerto, da un lato la voglia di ricominciare e dall’altro la paura di relazionarsi con l’altro.

La scuola dovrebbe rappresentare il luogo delle relazioni, un ambiente sicuro in cui instaurare rapporti personali con gli altri.

Purtroppo, non sempre è facile avere un posto all’interno del gruppo classe e, sempre più spesso, vediamo alunni isolati, i quali pur occupando il primo banco in classe, sono invisibili agli occhi degli altri.

Non di rado, vi sono alunni che, dopo il suono della campanella, non hanno altro che loro stessi, preferendo le mura domestiche a qualsiasi altro luogo di aggregazione.

È, dunque, importante che il personale scolastico e i genitori promuovano interventi e servizi di prevenzione del disagio e dell’abbandono scolastico, realizzando laboratori in cui vengano trattati temi attuali, come l’isolamento scolastico, la prevenzione al suicidio e l’uso dei dispositivi elettronici.

È fondamentale, inoltre, creare attività che favoriscano l’inserimento nel gruppo classe e la conoscenza reciproca, utilizzando anche alcuni servizi extrascolastici denominati SAS (Servizi di aggancio scolastico) destinati a bambini e ragazzi che presentano un grave rischio di dispersione, per aiutare l’alunno ad integrarsi nel contesto scolastico.

Per far sì che ciò avvenga è, infine, rilevante lavorare anche sull’intero gruppo classe, così da non lasciare nessuno escluso.

Per approfondimenti sull’argomento:

https://static1.squarespace.com/static/5669d2da9cadb69fb2f8d32e/t/5f4d5397b58bce013ea6a5c7/1598903220020/Raising+Canada+Report_Final.pdf Makinodan, M., Ikawa, D., Yamamuro, K. et al. Effects of the mode of re-socialization after juvenile social isolation on medial prefrontal cortex myelination and function. Sci Rep 7, 5481 (2017). https://doi.org/10.1038/s41598-017-05632-2

A cura di

Dott.ssa Anna Alberico

e

Dott. Luca Ciolfi

Con la supervisione delTCE Therapy Center Corsi e Formazione

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